Tonfo delle vendite ad Hong Kong

Cartier, Hong Kong, proteste
Cartier, Hong Kong, proteste
Cartier, Hong Kong, proteste
Proteste a Hong Kong davanti ai negozi 

Tonfo delle vendite dei beni di lusso ad Hong Kong, il calo nei fatturati dei retailer che era già evidente da alcuni mesi, soprattutto in conseguenza della politica di austerità dei consumi di lusso propugnata dalle autorità di Pechino , ovviamente con le proteste di piazza delle ultime settimane non ha fatto altro che accentuarsi ulteriormente. I dati divulgati dalla HK Retail Management Association parlano di una flessione di entità estremamente variabile comunque attestata su valori generalmente importanti, dal 15 al 50% fino a raggiungere picchi dell’80% nei negozi più piccoli e nella gioielleria/orologeria.

La piazza di Hong Kong notoriamente rappresenta la destinazione principale del turismo proveniente da Mainland China, flussi enormi di clientela che si spostano prevalentemente per fare shopping, spinti sia dall’abbondanza dell’offerta che dai prezzi convenienti. Per fare un esempio dell’importanza di Hong Kong per il commercio dei beni di lusso,il solo settore dell’orologeria movimenta il 20% delle vendite a livello mondiale.

Le manifestazioni di piazza in atto con altalenante intensità ormai da alcune settimane, hanno spesso paralizzato il traffico delle zone centrali della città, così Causeway Bay, piuttosto che Admiralty o Mong Kok, hanno particolarmente sofferto della situazione di caos che è talvolta arrivata ad impedire persino l’apertura dei centri commerciali. I media cinesi hanno ovviamente cercato sempre di mantenere un profilo il più possibile basso sugli avvenimenti in corso nella ex colonia britannica, il che non ha impedito che cospicui flussi turistici si dirigessero verso mete alternative, in primis ne hanno quindi beneficiato la Corea del Sud ed anche il Giappone, così come la West Coast degli Stati Uniti. Questa migrazione di flussi turistici ha da un lato una ovvia motivazione commerciale, ma anche implicazioni politiche determinate dal cercare di evitare un potenziale contagio ed il diffondersi della conoscenza delle proteste.

La coincidenza dei disordini con il periodo delle tradizionali vacanze per la settimana della Golden Week, uno dei periodi di maggiore afflusso, ha contribuito ad accentuare ulteriormente l’entità del danno. A questo punto, vista la complessità della  situazione politica, l’orizzonte turistico è destinato a rimanere nell’incertezza e quindi le ripercussioni sul commercio a perdurare. D’altro canto l’importanza di Hong Kong per Mainland China e per l’economia e la finanza mondiale sono così grandi che il tradizionale pragmatismo dei cinesi dovrà giocoforza escogitare una soluzione accettabile sia per il governo di Pechino che per la popolazione locale. Del resto i tempi di piazza Tiananmen sono passati da vent’anni e anche se la Cina è ancora molto lontana dal diventare un regime democratico come lo intendiamo noi occidentali, una situazione come quella di allora non è più proponibile. Sarebbero infatti troppo grandi le conseguenze economiche, non solo per le parti in causa ma per il mondo intero. Prepariamoci comunque ad un periodo abbastanza prolungato di incertezza ed instabilità per l’economia di Hong Kong, quindi ad una ovvia pesante ricaduta sul business dell’industria del lusso.

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