Moda islamica: un’occasione per i brand internazionali

Grazia Indonesia
Grazia Indonesia
Hijab style.co.uk
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Moda islamica, effettivamente sembra impossibile per noi occidentali che possano coesistere le parole moda ed islamico, la realtà invece se si superano i tradizionali stereotipi è però molto diversa  e soprattutto assai variegata. Quando si pensa all’abbigliamento femminile ed al suo rapporto con il mondo islamico, le prime cose che vengono in mente sono lo chador ed il burka, spesso considerati gli elementi culturali distintivi dell’universo femminile in quella parte del mondo.Come però avviene in qualsiasi comunità, soprattutto se è numericamente molto diffusa a livello mondiale come l’Islam, non tutto è sempre uguale alle diverse latitudini, anzi spesso è molto diverso. Cerchiamo quindi di approfondire alcuni aspetti del fenomeno “moda ” in rapporto alla religione islamica.

Pochi in europa, se non qualche addetto ai lavori, sanno che in Indonesia, quarto paese al mondo in termini di popolazione (200 milioni di abitanti) e  di gran lunga la maggiore nazione islamica, da anni viene pubblicata con successo dal gruppo editoriale locale Femina Group specializzato in editoria per il pubblico femminile, una edizione del popolare magazine italiano Grazia. Sulla spinta di questo successo, il trend è stato seguito da parte di editori concorrenti che propongono edizioni indonesiane di Harpers Bazaar e Cosmopolitan cosi come dei francesi Marie Claire ed Elle.

E’ evidente che un tale sviluppo dell’editoria femminile d’impronta occidentale, si giustifica da un lato con la presenza di un vasto pubblico interessato e dall’altro dagli inserzionisti a loro volta attirati dalla possibilità di raggiungere questo pubblico. Dagli anni 70, all’epoca sotto il regime del dittatore Sukarno, Femina ha iniziato le pubblicazioni del magazine omonimo, primo esempio nel paese islamico  di periodico femminile moderno, creando praticamente da zero una cultura della moda.

A parte l’esempio appena citato relativo all’Indonesia, la realtà della moda islamica, come dicevamo all’inizio è multiforme ed in grande evoluzione. Il trend di sviluppo demografico in corso in diversi paesi, vede un sempre più massiccio affacciarsi sul mercato di grandi masse di giovani specie donne , spesso insofferenti ai dettami coranici più rigidi. L’evolversi inoltre della posizione sociale della donna in molte società islamiche, grazie alla crescente scolarizzazione e conseguente maggiore coinvolgimento in attività lavorative al di fuori delle tradizionali incombenze domestiche, determinano una autonoma disponibilità economica ed una capacità di spesa un tempo sconosciuta.

Nella stessa Arabia Saudita timidamente ,molto timidamente ,si fa strada il cambiamento. Il tradizionale abito femminile, la abayah, una volta rigorosamente nero, è ora indossato in varianti di tessuto e di colore e persino con delle decorazioni. Dal punto di vista del retail, la presenza dei brand del fashion occidentali ha un ottimo potenziale di mercato nel settore degli accessori, borse e pelletteria in genere, questo può dirsi anche riguardo ai paesi più tradizionalisti. Qui il ruolo dei marchi di fast fashion, specie verso i target di clientela più giovani è ancora tutto da giocare. Del resto la presenza dei marchi di alta gamma, anche qui molto popolari specie presso la clientela abituata a viaggiare, è già sufficientemente consolidato.

Per quanto riguarda i giovani musulmani in generale, comprendendo in questa ampia definizione tutti coloro che si considerano tali e che non sono necessariamente arabi ,ma che spesso sono nati e vivono in occidente, il mercato è ancora diverso. Il desiderio di novità ed individualismo proprio delle giovani generazioni abbinato con la volontà di rimarcare la propria identità religioso/culturale, hanno creato un  vero e proprio trend di mercato che può a ragione definirsi “islamic fashion“.

Questo filone è alimentato da una notevole attività di blogging fra i giovani, a tale proposito un esempio è il blog Hijab Style della giovane britannica Jana Kassaibati che conta 480.000 followers. Il web ha fatto così nascere e prosperare un mercato di creazioni e produzioni artigianali che cercano di uniformarsi ai dettami religiosi islamici, adattandoli però al gusto e alla contemporaneità dello stile di vita moderno occidentale.

Quello che è ancora piuttosto sorprendente, però è che un bacino di clientela nuovo ed interessante come questo, che ha solo bisogno di essere seguito ed interpretato stilisticamente nel modo giusto ,non sia stato ancora considerato per la sua potenzialità. Nessuna azienda ha infatti ancora intercettato la platea delle giovani consumatrici islamiche offrendo prodotti specifici, questo vale sia per i colossi del fast fashion come H&M o Zara ma anche per i retailer di dimensione più limitata, aziende che proprio in ragione della loro flessibilità organizzativa, dovrebbero caratterizzarsi per una risposta molto agile alle nuove sollecitazioni del mercato. Probabilmente si tratta solo di una questione di tempo, aspettiamoci quindi delle novità in un prossimo futuro.

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