Louis Vuitton ha annunciato la chiusura di due dei tre punti vendita presenti nella città di Guangzhou a cominciare da quello nel centro commerciale La Perle, Xiehue District, aperto nel 2004. Dopo neanche 11 anni già si reputa sorpassato il concept di centro commerciale che doveva rappresentare la porta d’ingresso a una ricca città del sud della Cina considerata uno dei nuovi El Dorado per la distribuzione organizzata del lusso: è il segno dei tempi che cambiano per via del cambio dei consumi cinesi. Louis Vuitton non e’ la sola griffe che ha fatto una scelta cosi “ardita”: gia da qualche mese Hermes, che ha un posizionamento ancora più alto del brand madre del gruppo LVMH, ha annunciato il blocco dell’apertura di nuovi store (vedi articolo Hermes Chengdu chiusura store Cina).
Il cinese Fortune Character Institute, centro specializzato in studi di marketing e consumi nella Repubblica Popolare Cinese, ha stimato una crescita dei consumi del lusso in Cina del +3% nel 2015 con un fatturato che si attesterà a 25,8 miliardi di USD, con un ritmo molto inferiore rispetto a quello della crescita globale stimata nel +11%;eppure gli acquisti di consumatori cinesi a livello mondiale si stimano ammontare al 46% della domanda globale aggregata di prodotti di lusso. Quali conclusioni trarre da questi dati? I cinesi non smettono di essere il motore della crescita del settore del lusso ma chiedono cose diverse rispetto a quelle che gli vengono offerte in patria e abbiamo assistito ad uno spostamento dei consumi in altre location nel mondo dove i turisti cinesi si recano in maniera sempre più frequente.
Le conseguenze del travel Retail e delle ricerca di esperienze di shopping più in linea con l’ideale di esclusività e lusso offerta in Europa contrastano con quella che è stata “l’eccezionale” espansione distributiva conosciuta dalla Cina a partire dal 2004. La logica della “Gallina dalle uova d’oro” ha portato all’estensione delle reti distributive in Cina di tutti i marchi del lusso in maniera impressionante: Bain & Co stima che i top 15 marchi del lusso abbiano aperto ben 80 punti vendita nei soli primi 9 mesi del 2010 (una media di 5,3 punti vendita per marchio). Con questi ritmi di crescita che si sono protratti per diversi anni e’ inevitabile che l’esperienza consumatore e la coerenza nell’immagine del marchio a livello internazionale venivano a meno per privilegiare il fatturato e i profitti. La clientela Cinese senza troppi fronzoli (un tempo) acquistava in patria, non era ancora interessata all’universo di esperienze che gli stessi brand del lusso offrivano in Europa e non si preoccupava dei differenziali di prezzo applicati dai marchi. Possiamo dire che per molti anni c’é stato un mercato lusso a due velocità.
Shopping experience, stores, Retail marketing, listini prezzi retail applicati (vedi articolo) e offerta prodotto erano predisposti a “svantaggio” del consumatore cinese e a discapito della creazione di valore vero per i brand del lusso; non poteva durare troppo a lungo. Rallentamento della velocità di crescita dell’economia della Cina, la campagna anti-corruzione del governo cinese (che va avanti dal 2013) e la rinnovata propensione del turista cinese ai viaggi e allo shopping all’estero sono solo alcuni degli acceleranti che hanno causato il blocco dello sviluppo Retail dei brand del lusso nella Repubblica Popolare Cinese e, in parte, a Hong Kong. Oggi si assiste a una riduzione dei punti vendita parallelamente a nuovi investimenti: allineamento globale dei prezzi – azione strategica dagli effetti importantissimi sui bilanci dei gruppi del lusso che si imbarcano in questa avventura -, sviluppo dell’e-commerce diretto in Cina con un’offerta ricca e su misura per quelle che sono le esigenze dell’internata cinese e ristrutturazione dei flagship cinesi che rimarranno dopo la pianificata chiusura dei punti non performanti.
Ci si aspetta che l’obiettivo finale del nuovo retail cinese sara’ arrivare a offrire livelli di esperienza di marca in linea con quelle che sono le aspettative più alte esigibili dalla clientela cinese.