Made in Hong Kong o Made in China: 2020 cambia tutto

Made in Hong Kong o Made in China? Nel 2020 cambia tutto. Ad uno sguardo superficiale potrebbe sembrare una domanda oziosa, sono la stessa cosa ed è solo una differenza di etichetta, le due entità infatti agli occhi del pubblico dei consumatori da molti anni sono praticamente considerati sinonimi. La realtà giuridica, e non solo, sono invece molto differenti e, come spesso accade, sono anche molto più complicate.

Come noto Hong Kong è stata dal 1842 e fino al 1997 una importante colonia Britannica.
Grazie al suo status giuridico speciale e alla collocazione geografica, per molti anni e fino alla restituzione da parte del Regno Unito, Hong Kong è stata usata dalla Cina come porto di scambio ed accesso (più o meno occulto) ai mercati Occidentali. Una sorta di avamposto capitalistico all’interno del sistema comunista Cinese; oltre che foglia di fico del regime, Hong Kong ha sicuramente avuto il merito di avere propiziato il primo sviluppo e la successiva transizione economica del gigante asiatico.

Il cosiddetto “traffico di perfezionamento passivo” è una invenzione di Hong Kong (vedi articolo normativa CEE). Questa pratica commerciale di etichettare un prodotto proveniente da un paese, in questo caso la Cina continentale, con il label Made in Hong Kong, permetteva l’accesso delle merci a mercati altrimenti interdetti oppure lo sfruttamento di condizioni doganali favorevoli, occultando o mascherando la reale provenienza del prodotto. Questa ed altre pratiche commerciali, spesso borderline ma accettate per il vantaggio di molti, hanno fatto crescere e prosperare Hong Kong fino a farla diventare hub commerciale e finanziario di primaria importanza in Asia.

Dalla data di restituzione alla Repubblica Popolare Cinese, Hong Kong è giuridicamente classificata come Territorio Economico Speciale – Hong Kong Special Administrative Region of the People’s Republic of China (HKSAR). Lo status speciale però è minacciato dell’attuale situazione politica interna di Hong Kong, con i moti di piazza del 2019 e 2020 contro il governo autonomo locale (vedi articolo CNN). Il recente giro di vite del governo di Pechino sulla autonomia della ex colonia, ha sostanzialmente annullato il principio “un paese, due sistemi”, il fondamento del trattato di restituzione Anglo-Cinese del 1997. 

La grave decisione politica che è stata adottata dalla dirigenza di Pechino, sta determinando una situazione di oggettiva difficoltà la quale mette in pericolo la peculiare posizione economica di Hong Kong. L’ex-colonia godeva di uno stato di sostanziale equidistanza fra due sistemi, capitalismo occidentale e comunismo Cinese, una importante funzione di cerniera che questo territorio aveva brillantemente interpretato per decenni. La guerra commerciale e politica in atto fra Usa e Cina, fatta di azioni e reazioni protezionistiche reciproche, certamente non aiuta (vedi articolo Financial Times).

Donald Trump impone dazi alla Cina e revoca lo status speciale di Hong Kong (HKSAR)

A questo proposito la recente decisione dell’amministrazione Trump di escludere Hong Kong dallo stato di nazione favorita ed inoltre non riconoscere più il “Made in Hong Kong” come origine dei prodotti, imponendo comunque la marchiatura Made in PRC, è devastante (vedi articolo South China Morning Post). Significa infatti escludere per molti prodotti la possibilità di accedere al mercato Usa senza dazi, così come di converso impedire la possibilità di acquisire da parte di entità cinesi per il tramite di lo veicoli societari costituiti nella ex colonia Britannica, tecnologie o prodotti Americani interdetti o limitati, oppure semplicemente sottoposti a dazi in quanto destinati alla Repubblica Popolare Cinese.

Non deve essere dimenticato che molte società occidentali, così come numerose trading company cinesi operano sotto l’ombrello giuridico di Hong Kong ,tuttora in regime di common law, garantendo una certezza del diritto per le parti in causa analoga allo standard occidentale, ben diverso dalla “incerta” e spesso malleabile giustizia Cinese.

La recente mossa dell’amministrazione Americana, al di là del probabile ricorso al tribunale del WTO da parte della Cina, ha provocato un terremoto dalle conseguenze imprevedibili destinato ad incidere profondamente sulle catene di fornitura globali oltre che sui rapporti fra le due superpotenze.

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