Le statistiche Cinesi a volte lasciano decisamente perplessi, l’ultima sorpresa viene dai dati trimestrali relativi ai consumi nel paese del dragone. I numeri divulgati continuano a confermare una crescita nonostante l’evidente crisi del commercio al dettaglio testimoniata dallo stato fallimentare in cui versano molti investimenti immobiliari in spazi retail.
Il caso di shopping center inaugurati pochi anni fa e semivuoti o addirittura chiusi, non sono purtroppo da considerare rarità. L’eccesso nell’offerta di spazi commerciali retail che è stato incoraggiato dalla bolla immobiliare, viene ulteriormente aggravato dalle carenze gestionali e di professionalità che spesso sono la caratteristica dei developer locali. Uno studio dell’agenzia CBRE (vedi report) ha evidenziato una criticità negli indici di riempimento degli spazi già disponibili, il calo del traffico pedonale e il contrapposto mantenimento delle prospettive di sviluppo del numero totale di shopping malls destinato a raggiungere 4000 centri nel 2016, un incremento del 40% rispetto al numero 2011. Nonostante questa allarmante realtà, il commercio continua comunque a crescere. La Cina è per noi occidentali un paese misterioso, regno di contraddizioni e stranezze a volte inspiegabili, in realtà se vengono guardati in profondità, dati apparentemente contraddittori sono spesso lo specchio di una società complessa ed in perenne e tumultuoso cambiamento.
Vediamo meglio cosa succede nel gigantesco mondo del commercio Cinese. Innanzitutto si deve notare che i dati complessivi riportano sia il commercio tradizionale dei negozi e shopping center, ma anche gli acquisti di beni effettuati dalle aziende ed enti statali, così come il commercio online. Queste ultime due categorie, ed in particolare la prima, hanno una importanza enorme in considerazione della notevole e peculiare commistione che il settore pubblico e l’economia di mercato hanno nel modello economico Cinese, non a caso definito “socialismo di mercato”. Il confine fra il settore pubblico dell’economia e quello privato in Cina è spesso molto labile; aziende pubbliche si comportano ed agiscono come quelle private, così come quelle private agiscono sotto l’ala e lo stretto controllo pubblico. Potere facilmente spostare questo confine permette alle autorità di agire con molta più libertà, ed anche minore trasparenza, sulle grandezze macroeconomiche. In occidente, dove il mercato è veramente tale in tutti i suoi aspetti, non soggetto a nessuna pianificazione o controllo statale, è molto difficile confondere o alterare le figure retail con acquisti di gruppi statali.