Cosa succede quando Amazon, il principale marketplace Occidentale, decide di cambiare il Search Algorithm (algoritmo di ricerca) per migliorare il proprio margine? Il beneficio raddoppia in maniera più che proporzionale per Amazon a detrimento di fornitori e partner. Una nuova dinamica potenzialmente molto onerosa per i marchi, inserzionisti e venditori che competono per la visibilità e rilevanza in un contenitore marketplace sempre più “congestionato”.
La rivoluzione nell’algoritmo e’ banale quanto dirompenti sono le ripercussioni sul mercato del digital advertisement. Con meccanismi e dettagli pubblicamente non divulgati, da qualche mese a questa parte, l’algoritmo di ricerca all’interno del marketplace premia prodotti e brands in base alla marginalità generata per Amazon. Il concetto di marginalità tiene conto sia dei ricavi incamerati per via delle attività di digital marketing fatte dai brands tramite AMG sia delle vendite di Amazon Retail (1P). Di conseguenza private labels di Amazon e prodotti in grado di generare maggior ritorno sulle GlanceViews vengono presentati all’utente subito sotto Sponsored products e Sponsored brands.
Fonti ufficiali dell’azienda dichiarano che oggi circa 1% del GMV (Gross Merchandise Value) movimentato dall’e-tailer e’ da attribuire a prodotti private labels. Le visualizzazioni di Sponsored Brands e Sponsored Products sono passate dall’essere il 3% nel Gennaio 2017 a l’8% nel Maggio 2018 (fonte Jumpshot consultancy)
L’impatto di questa scelta strategica ha lasciato non pochi interdetti all’interno della forza lavoro di Amazon. Ci sono diversi reports anonimi registrati dal WSJ che citano pressioni e riorganizzazioni per supportare la decisione. Alcuni dipendenti della business unit A9, quella che si occupa del Search Algorithm, riportano una riorganizzazione interna: la funzione e’ stata spostata da indipendente a unita di servizio del retail business, sotto controllo diretto del Chief Retail Officer Doug Herrington. Si tratta di una mossa strategica che non e’ passata inosservata alle Agenzie Antitrust negli Stati Uniti ed Unione Europea, che da tempo tengono sotto controllo l’e-tailer Americano per violazioni della privacy e abuso di posizione dominante sui marketplaces, a causa del duplice ruolo di gestore e venditore sul marketplace.
La recente strategia del retailer di Seattle e’ nota ormai da qualche anno: aumentare la marginalità e il ritorno dagli investimenti fatti nelle infrastrutture hardware (magazzini, logistica, infrastrutture) e software (data center, servizi marketing e software).
Questo piano si traduce nel concreto in un ripensamento delle attività: investire nelle vendite dirette (1P) soltanto quando la marginalità e’ abbastanza interessante, disinvestire nelle vendite di categorie poco remunerative lasciandole alla gestione di vendors terzi (3P) e aumentare i ricavi da quelle che sono le attività di vendita spazi pubblicitari e servizi marketing via Sponsored Brands e Sponsored Products di AMG (vedi articolo).